Manifesto

Crediamo nei libri di qualità!

Abbiamo un’idea precisa di cosa debba essere la “qualità”. Intanto la qualità non si trova sempre e dappertutto, e va ricercata.

Ciascuna delle nostre pubblicazioni è il frutto di una rigorosa selezione tra decine di dattiloscritti che ci vengono sottoposti.

Non pubblichiamo a tutti i costi. Non mettiamo “sul mercato” libri tanto per sbarcare il lunario! Siamo abituati a scommettere solo sui libri che ci convincono, che crediamo “utili”. Di libri mediocri ne circolano già abbastanza, noi non vogliamo contribuire ad integrare questa triste stima. Integrare la stima, oltre che illudere l’autore, significa raggirare il lettore. E raggirare il lettore è l’ultima delle cose che vogliamo fare.

Se un libro non ha un qualunque effetto letterario “benefico”, ci chiediamo, a che serve? Se i libri non hanno alcuno effetto se non quello di far perdere al lettore qualche ora di tempo, se non “dicono”, se non frastornano, insomma se non sono delle opere d’ arte, a che servono?

Gingko non vuole produrre opere di puro intrattenimento, le quali verranno dimenticate pochi minuti dopo o, nella più fiduciosa ipotesi, un giorno dopo, dacché le si è lette. Alla nostra casa editrice interessano storie che intontiscano, che suscitino scompensi, che facciano gli occhi rossi, il cuore gonfio, che destino quelle corde profonde dell’animo che nella realtà di ogni giorno restano solitamente sopite.

Non fanno al caso nostro, e dei nostri lettori, le storielline d’amore, la crisi mistica dell’impiegato quarantenne, il disagio del piagnone. Vogliamo che un libro Gingko trasudi vita, l’energia, la forza, la virilità, la tragedia delle grandi opere letterarie.

I nostri libri devono incidere!

Non devono fare proprio altro. Incidere è la parola giusta per la buona letteratura. Tutto ciò che non incide, una volta al macero, non viene rimpianto. Riteniamo che la lettura sia un’operazione troppo importante per essere presa alla leggera. Non vogliamo che il nostro lettore possa dire, dopo aver ultimato un nostro libro: “be’ è puro svago!”.

Allo stesso modo, e per l’identico motivo, ci guardiamo bene da quegli autori che ci dichiarano, circa la stesura di un proprio libro: “faccio l’impiegato, sa com’è, l’ho scritto così… per hobby, nei momenti liberi”. Rispondiamo subito: “be’, ci dispiace, si rivolga a qualcun’altro”.

Scrivere è una mentalità, una dimensione. Ernest Hemingway si svegliava alle cinque del mattino, scriveva in piedi, per ore, revisionava ciascuna pagina anche fino a produrne trentacinque versioni successive.

William Faulkner, mentre lavorava alla centrale elettrica nel corso della notte, rivoltava una carriola per farne un pianale e vi scriveva sopra.

Se gli autori che si rivolgono a noi, sottoponendoci una loro opera, non sono scrittori di questo tipo, che abbiano “da dire”, che brucino del sacro fuoco della scrittura, se non sono invasi ogni minuto della loro esistenza dal nettare prezioso del Parnaso, allora, molto tranquillamente, gli consigliamo di non mandarci le loro opere.

La lettura di un libro è troppo importante perché la nostra casa editrice tracimi dalla sua missione di offrire ai suoi lettori nient’altro che parole che lascino il segno.

Leggere è come offrire la testa ad un morbido guanciale sul quale cominciare a sognare. Se nel corso di uno dei vostri sogni, immaginate solo per un attimo, cominciassero a comparire banner luminosi, parole vivaci, slogan; se al posto di una bella immagine che state gustando, la più sincera e spontanea immagine del vostro sogno, d’un tratto, questa venisse sostituita dalla riproduzione di un quadro, di un’icona (magari altrettanto bella ma davvero troppo nota, o comunque non di vostra proprietà), non vi sentireste usurpati? Perché associare ad un libro un’immagine, un quadro, un layout di stampa accattivante, per quanto bello, è sempre un po’ tradire chi lo compra!

Il libro, la storia del libro, è fatta di sole parole. Le parole non si possono rivestire, associare ad un colore, ad una dimensione. Le parole sono bianche, devono essere capaci di per sé di produrre immagini e dimensioni. Riempire da sole la sfera emozionale del lettore. Niente si deve frapporre tra di loro, tra la voce che l’autore ha saputo infondere ad esse e chi le scorre. Le uniche per cui valga la pena di dirigersi alla cassa, tirare fuori un po’ di quattrini, sono le parole. E poiché le parole sono tutto, Gingko decide di non dare ai propri libri delle copertine barocche, cariche di colore, piene di fronzoli.

I nostri libri non porteranno copertine colorate, immagini, riproduzioni di quadri impressionisti, surrealisti, schizzi di Picasso, vedute rinascimentali. Per l’identico motivo, per la nostra incondizionata fiducia nelle sole parole, noi affidiamo la redazione della quarta di copertina non all’autore, bensì la scriviamo noi stessi, che leggiamo e viviamo i libri e che li vogliamo pubblicare. Non mettiamo fotografie dell’autore nelle stesse, non lasciamo che l’autore scriva da sé la sua presentazione al libro. Affidiamo ad un critico tale incarico; e non perché il critico sia un’autorità ma perché l’autore è la prima persona che non possiede una vera panoramica delle implicazioni di ciò che ha scritto, e ha vissuto le parole che ha scritto, le sue parole, in una maniera differente rispetto alla maniera che potrà farne il lettore. È il lettore che trova ciò che desidera in quel che legge, è lui che riempie, per se stesso, lo spazio tra le lettere tipografiche.

Il libro parla da sé: lo stesso autore potrebbe operare un tradimento su di esso e nei confronti di chi andrà a leggerlo. Questa è la nostra convinzione, la nostra mentalità, e ci fa pensare che il lettore non sia attratto dalla copertina, dalla immagine, che essa cioé sia determinante e possa indurlo a comprare un libro.

Crediamo che i lettori siano molti più svegli di chi commercializza i libri e valorizza l’aspetto, l’involucro, fabbricando un libro puntando non al contenuto ma alla scatola. Noi crediamo che un lettore sia attratto e debba essere educato a farsi attrarre dalle parole, le uniche che contano veramente nel momento magico in cui si entra in una libreria per scegliere un libro. Sebbene anche noi, naturalmente, speriamo di vendere libri, ricavare da questi un guadagno, non pensiamo e non abbiamo fondato una casa editrice per farlo attraverso libri che siano un prodotto di marketing.

Lasciamo ad altri il compito di divertire attraverso la lettura, di colorare, di “azzeccare” la trovata attraente, di produrre parole innocue, prodotti di svago. Lasciamo ad altri anche il compito di portare sugli scaffali delle librerie attori, presentatori, cantanti, piloti, sedicenti giornalisti interessati al gossip.

A noi interessa solo la letteratura, gli scrittori veri, quelli che ci aiutino a capire il mondo d’oggi, che ci diano una visione, una inquadratura diversa, inedita, dei fenomeni che lo stanno attraversando. La nostra letteratura, vuole essere una letteratura sperimentale, d’avanguardia, una letteratura esportabile all’estero perché descrive, racconta, dipinge, il nostro Paese, offre di esso non un’immagine stereotipata. Vuole essere la nostra letteratura capace di produrre un qualche dibattito. É straordinario notare quanto il mondo d’oggi, l’Italia stessa, sia così pieno di trasformazioni, di fenomeni nuovi, complessi e, purtuttavia, vi siano pochissime tracce di una letteratura vera, e solo elucubrazioni così povere, frivole, “pacifiche”.

La buona letteratura non è mai “pacifica”!

La letteratura Gingko non vuole porsi come incapace di innovare. Vuole destabilizzare i luoghi comuni, le usanze, i riti, non vuole essere una letteratura che offre del nostro Paese e del mondo una visione rassicurante. Perché non v’è nulla di rassicurante, davvero, al mondo d’oggi!