Obama, La Cina E Il Dalai Lama

La notizia e circolata domenica scorsa, come il fuoco nelle praterie. Tre funzionari del governo presieduto da Barack Obama, guidati da Valerie Jarrett, sono giunti a Dharamsala, in India, dove ha sede il governo in esilio del Dalai Lama. Lunedi avevano incontrato il primo ministro tibetano Samdhong Rimpoche e il portavoce del Dalai Lama, Lodi Gyari. Il leader spirituale tibetano era appena rientrato da un viaggio in Slovacchia, ma ieri ha potuto ricevere gli inviati americani. Nel terzetto c’era anche Maria Otero, sottosegretario del dipartimento di Stato, incaricata di fare da coordinatrice per gli affari tibetani. La Otero ha portato i saluti del presidente Obama al Dalai Lama, rassicurandolo sul fatto che tutta l’amministrazione statunitense intende continuare a proteggere la loro cultura, la loro religione e il loro stile di vita. Il Dalai Lama ha ringraziato calorosamente tutti i componenti di questa delegazione d’altissimo livello, la piu alta dal tempo della visita di Nancy Pelosi caduta nel marzo 2008 e ha apprezzando il loro interesse per una risoluzione pacifica del problema tibetano, attraverso il dialogo con la Cina. Il premio Nobel tibetano ha in programma di visitare gli Stati Uniti il mese venturo e spera di potervi incontrare il nuovo presidente americano. La Cina ha gia fatto sapere che e contraria a tale incontro e che questo non s’ha da fare, altrimenti i rapporti bilaterali fra i due Paesi verranno irrimediabilmente compromessi. Il solito disco rotto, insomma. Fra l’altro, anche il presidente cinese Hu Jintao e atteso negli Stati Uniti, a Pittsburgh dal 24 al 25 settembre, per una riunione dei Paesi del G20. Per evitare una sua cancellazione, in segno di protesta, siamo certi che l’annuncio del possibile incontro fra Obama e il Dalai Lama verra diffuso solo dopo Pittsburgh. Speriamo solo che il neo eletto presidente americano non si fara intimidire dalle minacce cinesi. Tutto sommato un po’ di tensione con la Cina gli potra solo essere di giovamento: potra servire a deflettere tutte le critiche che gli stanno piovendo addosso a causa dei suoi lodevoli sforzi nel voler risolvere una delle grandi piaghe del sistema America: la mancanza di un servizio medico paragonabile alla nostra mutua. Un segnale che il presidente Obama e ormai disposto a guardare i Cinesi negli occhi e dato dal fatto che, venerdi scorso, egli ha approvato l’imposizione di un 35 per cento di tasse sulla importazione di pneumatici prodotti in Cina. La Casa Bianca ha parlato di un meccanismo automatico, imposto dalla necessita di essere equi nei confronti di tutti. Ma la riposta cinese non si e fatta attendere. Come sempre sogliono fare in questi casi, hanno tirato un pugno sotto alla cintura, dichiarando di aver dato inizio a una inchiesta anti dumping sulla importazione di carne di pollo e di pezzi di ricambio per auto di provenienza statunitense. Non si capisce perché non avevano dato inizio a tale inchiesta nei mesi precedenti, se davvero pensavano che ne esistono gli estremi. Il ministero per il commercio cinese ha fatto sapere che ritiene questa imposizione fiscale sugli pneumatici come un atto di puro protezionismo e che lanceranno altre indagini sul Made in USA, se l’attuale amministrazione americana non si decidera a cambiare rotta. Si lamentano, ma devono fare attenzione a come si muovono, perché lo stretto controllo che mantengono sulla propria moneta e di per sé stesso contrario alle leggi del Wto e costituisce un immenso atto di dumping. Obama, con altri senatori, aveva a suo tempo scritto una lettera al presidente Bush per protestare contro alla Cina, che manipola la propria divisa al fine di promuovere le proprie esportazioni. Ora si trova seduto al posto di Bush e non puo piu limitarsi a scrivere lettere. L’economia cinese, a dispetto della sua apparente buona salute, si trova su di un asse inclinato coperto di olio. Resta troppo basata su capitali provenienti dall’estero, che vengono impiegati per finanziare la crescita in settori a basso contenuto tecnologico e a basso profitto. La crescita spettacolare del Pil che hanno segnato in questi anni l’hanno ottenuta tassando i propri cittadini. Questo genere di tasse si chiamano bassi salari. Una sorta di tassazione trattenuta dalla Stato e che neppure appare in busta paga. Lavori che in Europa verrebbero pagati mille euro mensili, in Cina vengono pagati cento euro mensili. Il 90 per cento di tasse, dunque. Gli economisti cinesi conoscono bene i rischi che stanno correndo e, per questo motivo, a partire dall’inizio della crisi economica mondiale, iniziata il 14 settembre 2008, hanno insistito a voler aumentare i consumi interni. Una speranza che si sta rivelando fallace, perché le cifre diffuse dall’ufficio delle statistiche di Pechino mostrano che questo non sta avvenendo: anzi, si e registrato un nuovo calo del 17% sulle importazioni e del 23.4 per cento sulle esportazioni. La Cina non puo permettersi di alzare troppo la voce con Stati Uniti, né di alzare troppo la tensione, per evitare di segare il ramo su cui siedono, ma la progressione delle minacce cinesi e cosa nota e prevedibile: la loro stampa comincera a pubblicare storie in cui viene esposta la doppiezza e la disonesta americana, rapportata all’onesta cinese. Il passo successivo potra essere l’arresto di qualche cittadino americano, con l’accusa di spionaggio e la cancellazione di vari incontri ad alto livello e contratti con societa americane. Un po’ come hanno fatto con gli australiani della Rio Tinto: furia controllata, per punire chi si comporta male nei loro confronti. Potranno anche arrivare a minacciare di vendere una parte dei miliardi di dollari di buoni del tesoro americano che possiedono. Questa minaccia, infatti, ha gia fatto capolino sulla stampa cinese durante il fine settimana, ma questo dimostra solo l’ignoranza a livello fiscale di certi giornalisti. Non capiscono che, per ogni cosa che si vuol vendere, bisogna che esista qualcuno disposto a comprare. Inoltre, i loro acquisti di buoni del tesoro americano son solo il segno che gli Americani stanno acquistando merci cinesi, mentre loro, i Cinesi, non stanno comprando abbastanza merci e servizi di provenienza americana.

Angelo Paratico

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