Piero Boitani Il Grande Racconto d’Ulisse, grande occasione sprecata.

Due settimane fa, a passaggio per la bella 8a68043cover26638[1]Verona, entro in una delle mie librerie preferite, il Libraccio in Via Roma e su di uno scaffale nascosto scorgo un bel libro monografico dedicato a Ulisse. Copertina rigida con sovraccoperta, ricchissimo d’illustrazioni, antiche e moderne. L’autore è Piero Boitani, docente di letterature comparate alla Sapienza di Roma e vincitore del premio Balzan per il 2016. Il titolo dell’opera è Il Grande Racconto di Ulisse pubblicato da il Mulino nel 2016.
Il prezzo  è alto, 55 euro. Scorro le pagine dell’introduzione, dove l’autore descrive la sua fascinazione per l’eroe omerico iniziata quando aveva 8 anni, grazie a un libro che gli fu regalato. Alla fine c’è un indice dei nomi, una rarità in Italia. L’edizione è attraente, senza contare che il soggetto ha sempre affascinato anche me, sin da quando avevo 10 anni e, dunque, tutti questi fattori mi convincono a rompere gli indugi e procedere con l’acquisto.
Lo butto nella valigia, assieme ad altri libri acquistati e una volta ritornato a casa, a Hong Kong, lo riprendo in mano e inizio a leggerlo.

Dopo le prime pagine, molto fresche e interessanti, si rivela una delusione. L’autore cerca di concentrare nelle 650 pagine dell’opera tutto quanto è stato scritto sull’Odissea, una cosa impossibile e il suo tentativo si rivela assai poco felice. Eppure, se si fosse limitato a trattarlo come una sorta di catalogo organizzato dell’Odissea e delle opere che questa ha ispirato, la cosa sarebbe stata accettabile, ma il problema è che il Boitani inizia a intellettualizzare tutto, forse accecato dalla dea Atena, preso dalla foga di farci sapere quanto egli conosce, saltando continuamente da un secolo all’altro e da un autore all’altro. Fa venire il mal di mare. Quasi incredibile poi che si sia scordato di citare la più bella traduzione in lingua inglese dell’Odissea, scritta da D.H. Lawrence, il grande Lawrence d’Arabia, lui stesso un Odisseo reincarnato.

Ho abbandonato la faticosa lettura a pagina 230, sul incipit del IV capitolo, eccolo:

Non è né possibile né utile proporre una lettura genealogica globale di testi e di eventi attraverso il tempo. È bensì opportuno ricordare che esistono nella cultura occidentale alcune tipologie significative; ma, per mantener fede ad almeno due delle sei proposte calviniane per il millennio – quelle della leggerezza e della rapidità – si deve anche guardare alla sequenza di opere in maniera obliqua, in tralice, percorrendo sentieri laterali, attenti al senso dell’analogia, all’eco che poesie, racconti e storia che rimandano l’un l’altro nel tempo e che percepiamo soltanto quando ascoltiamo liberamente.

Questa è la tipica prosa usata da professori universitari per torturare i propri studenti e che poi viene riciclata in libri confezionati per le masse.
Questo libro l’editore Il Mulino lo doveva stampare in folio, invece che in quarto, trasformandolo in quel che gli anglosassoni chiamano coffee table book ossia un’opera ricca di illustrazioni, fatta per essere sfogliata, mai letta. Peccato per l’occasione perduta: ancora una volta l’accademico ha strozzato il poeta.

 

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