Rifiutato da DAGOSPIA.

Speravo pubblicassero il 24 Marzo, 70 anniversario della strage delle Fosse Ardeatine, ma Dago non pubblica.

In Italia si pubblicano tonnellate di libri sulla strage delle Fosse Ardeatine, eppure in pochi vanno davvero a controllare come andarono le cose. Per avere un quadro chiaro dobbiamo leggere libri scritti da storici tedeschi e americani.

Kesselring come presidente della Stahlheilm, neonazi, il 13-1.07.1953.(Kesselring dopo la guerra, come presidente 
d'una associazione di reduci)

Fra pochi giorni cadrà il settantesimo anniversario della strage nazista delle Fosse Ardeatine. Il 23 marzo 1944, alle ore 15 e 45, esplose una bomba, piazzata da Rosario Bentivegna, che investì una colonna di militari tedeschi che rientravano da un’esercitazione. Questi appartenevano alla XI compagnia di polizia “Bozen” acquartierata alla caserma Macao, nel Castro Pretorio. La loro età media era di 35 anni e molti avevano in precedenza militato nell’esercito italiano. 32 poliziotti morirono, cinque o sei erano in gravissime condizioni, e due civili italiani moriranno in seguito a causa delle ferite. Il giorno dopo, 24 marzo 1944 alle 20 e 30, si concluse la strage di 335 civili. Alcune unità dell’esercito tedesco, fra cui i commilitoni dei caduti, avevano rifiutato di sparare sui civili italiani.
La sequenza temporale riportata qui sopra dimostra chiaramente che non fu possibile, né pensabile, stampare e appendere manifesti con i quali s’intimavano ai responsabili dell’attentato di costituirsi. La segretezza e la rapidità della strage impedirono ai romani di venirne a conoscenza, se non nei giorni successivi.

FucilazioneAnton Dostler-1

Ci si chiede ancora se la feroce reazione nazista, di dieci italiani per ogni tedesco ucciso, fosse in qualche modo giustificata dalle convenzioni internazionali. No, non le era. La Convenzione dell’Aja del 1907 non prevedeva l’applicazione di una tale norma in tali circostanze e seguendo la procedura adottata. Questa fu l’opinione accettata e condivisa anche da vari generali della Wehrmacht, come Frido von Senger und Etterlin e il capo delle SS in Italia, il generale Karl Wolff.
I militari messi alla sbarra, primo fra tutti Albert Kesselring, giustificarono la loro decisione scaricando la responsabilità su Adolf Hitler. Dissero che aveva ordinato la morte di 10 civili per ogni militare tedesco e che l’esecuzione della rappresaglia spettava alle SD, il servizio di sicurezza nazista. Di questi ordini di Hitler non si è mai trovata traccia, ed è possibile che non siano mai stati impartiti. Il colonnello Beelitz, di stanza al Monte Soratte, presso al quartier generale germanico, testimoniò di aver parlato al telefono con un ufficiale di collegamento del generale Jodl, a Berlino, il quale gli disse: “Il Führer è furioso. Per ogni poliziotto tedesco ucciso devono essere fucilati trenta o cinquanta italiani!”
In seguito ci fu una nuova telefonata, sempre secondo Beelitz, nella quale si disse che Hitler chiedeva la morte di dieci ostaggi italiani e che voleva un rapporto.

È possibile pensare che le sue istruzioni, se davvero ci furono, fossero negoziabili e che il numero dei “fucilandi” poteva essere ridotto. Conosciamo esempi di ufficiali tedeschi che ostacolavano ordini diretti di rappresaglia sui civili e che non andarono incontro alla fucilazione o alla corte marziale. Invece Kappler, assistito da Priebke, partì a tutta velocità uccidendo addirittura un numero maggiore di civili rispetto a quanto necessario. Che cosa accadde, dunque?

Alex Scotland del controspionaggio britannico, grande sostenitore di Kesselring-1.(foto a sinistra, il col. Alex Scotland, un sostenitore di  
Kesselring).

Richard Raiber nel suo Anatomy of Perjury Newark 2008 e Kesselring’s Last Battle di Kerstin von Lingen, Kansas 2009 – incredibilmente mai tradotti in italiano – offrono risposte convincenti. Pare che la Wehrmacht con Albert Kesselring scaricò il problema sulla SD, nella persona di Kappler, convincendolo che esisteva un preciso Führerbefehl (ordine segreto di Hitler al quale si poteva solo obbedire) affinché chiudessero il caso.

Tutto ciò accadde proprio perché mancò l’uomo chiave, mancò il regista, in altre parole Albert Kesselring, occupato altrove.

Nelle sue auto-celebrative memorie Soldat bis zum letzen Tag (Soldato sino all’ultimo giorno) e durante le fasi del processo per la strage delle Fosse Ardeatine, Kesselring sostenne sempre di non aver potuto intercedere per mitigare l’ordine di Hitler, anche perché rientrato tardi da un’ispezione in prima linea a Cassino, un fatto sempre supportato da tutti gli ufficiali del suo stato maggiore.

In realtà non fu così e la loro menzogna, perché di menzogna si trattò, servì a non far finire Kesselring davanti al plotone d’esecuzione. Il plotone d’esecuzione era quello davanti al quale finì il generale Anton Dostler, a causa dell’uccisione di quindici soldati americani, per la gran parte di origine italiana, facenti parte di un commando di guastatori in uniforme, denominato Commando Ginny. Furono catturati il 24 marzo 1944 vicino alla Spezia e fucilati il 26 marzo nei pressi di Lerici. Forse esisteva anche qui un Führerbefehl segreto che stabiliva che tutti i commando nemici andavano fucilati, e anche se vestivano l’uniforme e portavano i gradi, non dovevano essere internati in campi di prigionia. Tale ordine era noto a pochi generali, ma uno era certamente Albert Kesselring, che godeva della piena fiducia di Adolf Hitler.
Due settimane dopo l’esecuzione dei 15 americani alla Spezia arrivò un ordine nel quale si stabiliva che tutta la documentazione riguardante tale caso andava distrutta, fu così che a guerra finita, non riuscendo a rintracciare documenti e alcuni testimoni chiave per la difesa, il generale Dostler pagò con la propria vita un ordine ricevuto da Kesselring per interposta persona.

La presenza di Kesselring in Liguria e non al fronte di Cassino è stata dimostrata dal ritrovamento del libro di volo del suo pilota personale, Manfred Bäumler, nel quale si dimostra, senz’ombra di dubbio, che Kesselring nel suo quartier generale di Monte Soratte giunse solo il 26 marzo 1944. Questo fu tardivamente confermato nel 1997 da Dietrich Beelitz, l’ultimo sopravvissuto di quella banda di depistatori. Questa sua assenza spiega anche certi suoi buchi di memoria per quanto riguarda le Fosse Ardeatine: per esempio in una deposizione da lui resa il 25 settembre 1946, egli mostra incredibilmente di ignorare che delle esecuzioni si era occupata la SD!
Risulta dunque evidente che Albert Kesselring si assunse la responsabilità di quanto accaduto alle Fosse Ardeatine perché aveva calcolato di potersela cavare, mentre se fosse risultato responsabile per l’ordine di fucilazione del commando Ginny sarebbe stato sicuramente messo davanti al quel plotone d’esecuzione che, ad Aversa, il 1° dicembre 1945 uccise il generale Anton Dostler.
Kesselring durante la sua prigionia a Londra – nella famosa Gabbia diretta dal colonnello Alexander Scotland – e poi in Italia, durante il processo, conquistò tutti con il suo comportamento da generale-gentiluomo, con la sua cortesia e la sua supposta lealtà che avevano tanto affascinato anche Hitler. In realtà egli restò un cinico nazista anche dopo la guerra.

Albert Kesselring fu un freddo e spietato calcolatore capace di far fucilare quegli ufficiali tedeschi che il 26 aprile 1945 avevano cercato di prendere il controllo di Monaco e consegnare la città agli americani. Cercò di far lo stesso con i suoi camerati italiani, Westphal e Karl Wolff, che in Svizzera negoziarono la resa dell’esercito tedesco (trattative di cui lui stesso era stato informato). L’ordine di fucilarli fu ritirato solo il 30 aprile, dopo la morte di Adolf Hitler.

Il processo a Dostler si tenne a Roma dal 8 al 12 ottobre 1945 e il suo interprete fu Albert O. Hirschman (1915 – 2012) destinato poi a diventare uno dei maggiori intellettuali ed economisti americani contemporanei.

I ragazzi del Commando Ginny furono sepolti con gli onori militari nel cimitero di Follonica ma otto furono poi riesumati e riportati negli Stati Uniti; solo sette restano sepolti nel cimitero americano di Firenze.

Anton Dostler è sepolto nel cimitero di Pomezia, assieme ad altri 27.000 soldati tedeschi caduti in Italia.

Ecco i nomi dei ragazzi americani, anche loro in qualche modo vittime delle Fosse Ardeatine:

Ten. Vincent Russo

Serg. Alfred L. DeFlumeri

Liberty J. Tremonte

Joseph M. Farrell

Salvatore DiSclafani

Angelo Sirico

John J. Leone

Thomas N. Savino

Joseph A. Libaldi

Ten. Paul J. Traficante

Serg. Livio Vieceli

Serg. Dominick C. Mauro

Joseph Noia

Rosario F. Squatrito

Santoro Calcara

 

Pietra tombale di Doster
Pietra tombale di Dostler

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.