Viaggio al centro della mente di Adolf Hitler

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di Walter C. Langer

Un rapporto top secret scritto da un gruppo di psichiatri americani nel 1943 Pensiamo utile presentare al lettore italiano questo classico della indagine psicologica freudiana. La relazione di Walter C. Langer, risalente al 1943, non ebbe alcuna influenza sulla condotta della guerra ma certe sue conclusioni si rivelarono esatte, per esempio il fatto che Hitler si sarebbe suicidato.

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Descrizione

“Thyssen e Koehler, per esempio, sostengono che il cancelliere Dollfuss ordinò alla polizia austriaca di condurre un’indagine approfondita sulla famiglia Hitler e che come risultato di questa indagine fu redatto un documento segreto che dimostra che Maria Anna Schicklgruber viveva a Vienna al momento in cui ha concepito Alois (il padre di Hitler). A quel tempo lavorava come serva nella casa del barone Rothschild. Non appena la famiglia Rothschild scoprì la sua gravidanza, Maria fu rimandata indietro a casa sua a Spital, dove nacque Alois. Se è vero che uno dei Rothschild è il vero padre di Alois Hitler, Adolf sarebbe per un quarto ebreo. Secondo queste fonti, Adolf Hitler era a conoscenza dell’esistenza di questo documento e degli incriminanti elementi di prova contenuti a suo carico. Al fine di impossessarsene, precipitò gli eventi in Austria e avviò l’assassinio di Dollfuss. In base a questa ricostruzione, Hitler non riuscì ad ottenere il documento in quel momento poiché Dollfuss lo aveva nascosto e aveva rivelato il nascondiglio a Schuschnigg in modo che, in caso fosse morto, l’indipendenza dell’Austria sarebbe rimasta comunque assicurata.”

“Con il passare del tempo la stimolazione sessuale dell’ambiente viennese parve aggravare i sintomi della sua perversione. Rapidamente fu travolto dalla forza del sesso e della sua importanza sociale presso le basse classi ebraiche. Per lui Vienna divenne “il simbolo dell’incesto” e rapidamente l’abbandonò per trovare rifugio presso la sua madre ideale, la Germania. Ma i suoi giorni precedenti alla guerra, a Monaco non furono diversi da quelli di Vienna. La sua vita fu estremamente passiva, e anche se ne sappiamo poco, possiamo immaginare che i suoi giorni erano colmi di turbamenti interiori.”

“Se la nostra ipotesi concernente il suo processo mentale, mentre stava confinato a letto nell’Ospedale di Pasewalk, è corretta, possiamo assumere che per vincere le sue paure egli s’immaginava un uomo dalle qualità virili superiori agli altri. Ciò era solo una sua fantasia ma, evidentemente, queste immagini lo calmarono e lo rassicurarono. Il meccanismo che opera sotto al nome di “identificazione con l’aggressore” entrò in azione in quel momento, quando ebbe le allucinazioni menzionate in precedenza. Non era più l’individuo debole e insignificante che si trovava esposto ad attacchi di ogni tipo. Al contrario, era ora più potente di tutti, non era lui che doveva temerli erano loro che dovevano temerlo. Questa immagine creata da Hitler fu una forma di compensazione che lo rese il proprio opposto. Tutte le caratteristiche di amore, pietà, simpatia e compassione furono interpretate come debolezza e sparirono nella trasformazione.”

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