Schiave tartare e cinesi in Toscana. Ginevra Datini di Prato

 

Ginevra Datini, l’amatissima figlia del mercante tardo medievale Francesco Datini (1335-1410), nacque da una sua schiava domestica tartara chiamata Lucia, che lavorava nel suo palazzo. Questa straordinaria scoperta non sarebbe mai avvenuta senza il ritrovamento fortuito, avvenuto nel XIX secolo, d’un vero e proprio tesoro di lettere e di documenti che erano stati murati in un compartimento di Palazzo Datini a Prato. 150.000 lettere, 500 registri dei conti, 300 contratti societari, 400 contratti di assicurazione, migliaia di polizze di cambio e di assegni. Quel ritrovamento ha mutato la nostra visione del tardo medioevo europeo.

Citiamo spesso il caso di Datini per dimostrare quanto comune fosse stata l’importazione di schiave estremo orientali, in risposta alla facile obiezione circa la mia tesi che la madre di Leonardo Da Vinci fu una di queste sventurate. Il mio libro: Leonardo Da Vinci. Un intellettuale cinese nel Rinascimento italiano. Con documenti che illuminano la vita di sua madre, la misteriosa Caterina con una prefazione di Salvatore Giannella ed edito da Ginko Editore, si basa appunto su tale possibilità.

Un convegno dedicato particolarmente al capitolo, assai poco conosciuto, della schiavitù dal XI al XVIII secolo in Europa si era tenuto a Prato nel 2014, organizzato dalla Fondazione Datini. Era stato curato da Simonetta Cavaciocchi ed aveva visto la partecipazione di molti storici, provenienti da tutto il mondo, specializzati in questo affascinante argomento. Alla fine del convegno erano stati pubblicati due volumi, mostrati nella foto, editi dalla Firenze University Press, che raccolgono tutti i loro interventi.

La stampa italiana diede una limitatissima, quasi nulla, copertura mediatica a questo evento, che pure resta sconosciuto a molti nostri storici, e i cui confini sono ben lungi dall’essere stati esplorati.

Questo atteggiamento può essere spiegato con le parole dello storico russo Sergej Pavlovic Karpov, il quale ha partecipato ai lavori: “Vi è un altro preconcetto non ancora del tutto superato nella coscienza contemporanea, e cioè che la schiavitù – intesa nel senso pieno della parola – fosse un fenomeno piuttosto marginale in epoca medievale, in cui prevaleva piuttosto la servitù della gleba. In realtà, gli schiavi domestici, ma anche quelli destinati alla lavorazione della terra, erano assai numerosi, non solo nei periodi di guerre e conquiste, ma anche come un fenomeno permanente, e ancor più in seguito a epidemie devastanti, come la famosa Peste Nera nel Trecento, quando la mancanza di manodopera fu riequilibrata dalla importazione cospicua di schiavi dall’Oriente”.

Riportiamo qui sotto una foto che mostra la composizione etnica di schiavi, presa dal libro di carico di due mercanti, che oltre a normali merce, importavano anche schiavi e soprattutto, schiave, aventi una età media di 13 anni (con punte basse sino a 4 anni e massime di 28 anni). A sinistra Benedetto Bianco nel periodo 1359/60 e Vittore Pomino, dal 1434/43. Da notare la riduzione del numero di mongole e cinesi.