Un turbighese a Pechino nel 1900

Nel mio romanzo storico intitolato The Dew of Heaven pubblicato dalla Cactus Moon di Tempe, Arizona, nel 2016, uno dei principali caratteri si chiama Gino Monteleone, un ufficiale del Genio, nativo di Enna, Sicilia. Fu inviato in Cina nel 1900 con altri 3.600 soldati italiani e cinque navi da guerra. Il loro compito era di liberare le legazioni diplomatiche, fra le quali quella italiana retta dal Ministro Giuseppe Salvago Raggi, assediate dai Boxer per 55 giorni a Pechino.
Assieme agli italiani stavano i contingenti militari inviati dal Giappone, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Russia, Germania e Austria. In totale circa 76.000 militari, che sbarcarono a varie riprese a Taku, vicino a Tianjin e poi marciarono su Pechino. A capo delle forse italiane stava l’ammiraglio conte Camillo Candiani d’Olivola, un grande uomo di mare, ricco d’esperienza e coraggioso.

Nel contingente italiano c’era anche un giovane bersagliere turbighese, Diego Sainaghi (1879-1962), che entrò a Pechino il 27 agosto 1900. Ecco una pagina presa dal diario di Gino Monteleone, nel quale accenna al suo incontro con il Sainaghi, avvenuto il 15 ottobre 1900:

Regolarmente i militari francesi, soprattutto zuavi e lanceri, si lanciavano avanti rispetto alle altre truppe della coalizione, per alzare le proprie bandiere. Un giorno, notando questo loro usuale comportamento, anche i nostri camerati tedeschi cominciarono a mostrarsi stanchi della loro arroganza.
Stavamo marciando e un francese ci urlò: “Ah, voilà, notre drapeau. Vive la France!”
Uno dei nostri soldati, un giovane robusto, uscì dalla nostra colonna e colpì il francese dritto sulla faccia con un potente pugno, che lo fece cadere disteso al suolo. Degli altri francesi si fecero avanti per picchiare il nostro compagno. E come ufficiale mi sentii obbligato a farmi avanti e fermare la rissa: parlai con fermezza al nostro soldato, facendo finta di rimproverarlo aspramente per quello che aveva fatto. Mi diede il suo nome, che cerimoniosamente annotai sul mio libretto, Diego Sainaghi si chiamava, un contadino di ventun anni di Turbigo, un villaggio a venticinque miglia da Milano. I militari francesi, vedendo che lo redarguivo aspramente, pensarono che lo facessi arrestare e, brontolando, se ne andarono via, portandosi il loro camerata mezzo morto sulle spalle.
Quella sera organizzammo una piccola festa in onore del soldato Sainaghi che – anche se lo ammonii di non farlo più – fu congratulato per aver messo fine a quella insopportabile presunzione gallica. Anche i tedeschi, che avevano assistito alla scena, mandarono delle scatolette di salsicce per festeggiarlo.
Anni dopo, seppi dal suo ufficiale superiore che aveva avuto un difficile ritorno a casa. Era sulla nave Montenegro quando scoppiò un’epidemia di tifo. Alcuni soldati morirono, ma lui sopravvisse all’infezione per via della sua forte fibra e fu sbarcato a Singapore, dove si riprese in un paio di mesi.
Venne congedato dall’esercito per motivi di salute e lasciato là senza una lira. Lui s’arruolò come cuoco su una nave diretta in Peru, dove rimase per un paio d’anni e vi aprì una gelateria ma poi, sentendo nostalgia di casa, ritornò al suo paese, senza aver mai prima spedito neppure una cartolina alla sua famiglia. Arrivato al paese scoprì che in chiesa dicevano messe per la sua anima, comunque fu fortunato perché la sua fidanzata aveva respinto gli altri spasimanti e i due, finalmente, si sposarono e vissero felici generando cinque figli.

 

“The Dew of Heaven” Pubblicato in Arizona. Bollettino AISE

HONG KONG\ aise\ – Angelo Paratico, residente a Hong Kong da 35 anni, dopo la sua atipica biografia dedicata a Caterina, la misteriosa madre di Leonardo Da Vinci, (appena pubblicata in italiano dalla Gingko Editore di Bologna) ha pubblicato un libro in lingua inglese presso la casa editrice Cactus Moon, di Tempe, in Arizona.

S’intitola “The Dew Of Heaven” e si tratta di un romanzo con una forte base storica, incentrato sulla presenza italiana in Cina a partire dal 1892.

L’Italia umbertina giocò un notevole ruolo in Cina, soprattutto a partire dall’invio di nostre truppe a Pechino, nel luglio 1900, per liberare le legazioni diplomatiche assediate dai Boxer. Il nostro ambasciatore, il marchese Giuseppe Salvago Raggi, fu uno dei protagonisti della resistenza a quei folli che volevano massacrare tutti gli stranieri ma, a differenza dei suoi colleghi, il nostro non se ne vantò e, infatti, il suo diario fu pubblicato solo nel 1968.

Giuseppe Salvago Raggi restò assediato per 55 giorni, assieme alla moglie, Camilla e al figlioletto Paris, convinti di dover presto morire sgozzati. La Cina ci dichiarò guerra dopo che inviammo, con altre sette nazioni, una flottiglia di sei navi, guidate dall’Ammiraglio Camillo Candiani d’Olivola e tremilaseicento soldati, perlopiù bersaglieri. Si distinsero tutti, nonostante il loro equipaggiamento non fosse adeguato all’impresa.

Il protagonista del libro è un ufficiale di Enna, in Sicilia, che prima partecipò alla battaglia di Adua e poi s’offrì volontario per la spedizione in Cina, seguendo il colonello Tommaso Salsa. Questo tenente, all’interno della Cina, incontrò la donna della sua vita, una principessa mongola e anche per questo motivo decise – una volta congedatosi dall’esercito, nel 1902 – di stabilirsi nell’ex colonia portoghese di Macao e nella vicina Hong Kong, impiantandovi un’attività industriale. Prima di morire, nei primi anni sessanta, decise di scrivere un diario della propria avventura, contenente certi dettagli che avevano e hanno tuttora delle implicazioni geopolitiche importanti, relative a un oggetto perduto, che secondo alcuni avrebbe proprietà quasi-magiche.

Dalla fine della seconda guerra mondiale è calato l’oblio sulla presenza italiana in Cina e questo ha costretto l’autore a lunghe ricerche storiche per ricostruire i fatti.

Per esempio, per gettar luce sul processo del tenente Vito Modugno, un collega del protagonista del libro, che dopo aver partecipato all’impresa cinese, tornato a casa, venne accusato di aver ammazzato la moglie, inscenando un suicidio, poco se ne parla oggi, eppure quello fu il primo grande processo mediatico della storia italiana.

Sulla copertina appare un fantasma fra i grattacieli di Hong Kong. Si tratta del napoletano Eugenio Zanoni Volpicelli, che fu console a Hong Kong e Macao dal 1899 al 1919. Parlava una dozzina di lingue, fra le quali il russo, vari dialetti cinesi, il coreano e il giapponese. Pubblicò libri di storia e di politica che sono ancora attuali, a Londra, Parigi e Shanghai. In Italia è sconosciuto e la sua tomba si trova a Nagasaki, in Giappone. (aise)

Bollettino AISE del 09/06/2017

http://www.aise.it/anno/the-dew-of-heaven-esce-in-arizona-il-libro-di-angelo-paratico/89765/1