La Gioconda fu rubata o acquistata dai francesi?

Si è spesso discusso del furto della Gioconda da parte dei francesi.

Una cosa mai avvenuta, perché il quadro fu acquistato da re Francesco I, pagandolo una cifra notevole.
I quadri descritti da Antonio De Beatis nello studio di Leonardo e da lui visti il 10 settembre 1517, non appaiono nel suo testamento, di cui si conserva una copia (l’originale è andato perduto a Firenze). Come racconto nel mio libro, Leonardo Da Vinci. Un Intellettuale cinese nel Rinascimento italiano pubblicato dalla Gingko Editore, le ricerche su Leonardo Da Vinci sono “lavori in corso”. E non è uno scherzo, e anche per lui potremmo parafrasare quanto detto di Zhou Enlai quando gli chiesero della Rivoluzione Francese e lui rispose che è ancora troppo presto per giudicare…

Nel 1990 Janice Shell e Graziano Sironi scoprirono nell’archivio di Stato di Milano il testamento del suo allievo prediletto, Gian Giacomo Caprotti da Oreno (Mi) detto il Salaì.

Costui, nel 1518, un anno prima della morte del Maestro, era ritornato a Milano dove si prese moglie ma nel 1523 morì, forse a causa di una lite con dei soldati francesi, che gli tirarono un colpo di balestra o d’archibugio.
La sua eredità fu divisa fra le sorelle e la moglie. Questa si rivelò cospicua: abiti di lusso, pietre preziose, oggetti e una serie di dipinti.
La stima e la descrizione di questi oggetti, in un documento datato 1525, indica una chiara provenienza leonardesca. Troviamo una Leda, una Sant’Anna e un certo dipinto di un “Quadro de una donna aretrata” per la quale nell’interlinea si specifica “dicto la Honda”, linea barrata e poi corretta in “dicto la Joconda”.
Per la prima volta questo curioso nome appare in un documento e la stima posta accanto è altissima: 100 scudi e 555 soldi.

La cifra della stima di 100 scudi “ecus de soleil” equivale a 350 grammi d’oro puro. Per quanto riguarda i 555 soldi, basti notare che il funerale della madre di Leonardo, in pompa magna e con due preti, vino e candele, gli era costato 123 soldi.

Un nuovo documento, datato 1531 (scoperto nel 1998 nell’archivio di Milano), indica che una delle sorelle di Salai, chiamata Lorenzuola, cedette una “Ioconde Figuram” a un tal Ambrogio da Vimercate, ma questa ha un prezzo basso… era sempre la stessa Gioconda o una copia?
L’affare diventa ancora più complesso notando che in Francia nel 1999 è emerso un documento nel quale si dice che il tesoriere reale aveva pagato al Salai ben 2604 lire tornesi, poco prima della sua partenza per Milano, per “qualques tables de peintuire.”

Che significa? La Gioconda era tornata a Milano nel 1518 assieme a Salai, oppure il Salai s’era portato appresso una copia della stessa, forse quella che oggi ammiriamo a Madrid al Prado?

Nel 1518, con 120 lire tornesi si acquistava un moggio di grano (circa 2 quintali) quindi 2604 lire equivalevano a circa 4 tonnellate di grano. A quel tempo il rapporto oro contro argento era ancora di 1 a 10. Dunque la cifra maggiore è quella che risulta pagata in Francia mentre la stima per la Joconda di Milano indica forse un tentativo di truffa finita poi male.

Evidentemente quel Ambrogio da Vimercate sapeva il fatto suo e non c’era cascato!