L’Arte della Traduzione secondo Nabokov

1963. Vladimir e Vera Nabokov.

Si possono distinguere tre diversi gradi di malvagità nel bizzarro mondo della trasmigrazione verbale. Il primo, di minore importanza, comprende gli errori ovvi dovuti a ignoranza o a conoscenza ingannevole. Si tratta di semplice fragilità umana e sono quindi giustificabili. Il successivo passo verso l’Inferno lo compie il traduttore che tralascia intenzionalmente parole o passi che non si preoccupa di comprendere o che potrebbero apparire oscuri oppure osceni a un pubblico di cui non si è fatto che un’idea approssimativa; accetta senza il minimo scrupolo l’espressione vacua del suo dizionario; o sottomette l’erudizione all’eleganza: è pronto a saperne meno del suo autore ma allo stesso tempo pensa di saperne di più. Il terzo, nonché il peggior grado di turpitudine, lo si raggiunge quando un capolavoro viene appiattito e levigato, ignobilmente abbellito, per adeguarsi alle opinioni e ai pregiudizi di un determinato pubblico. Questo è un crimine, da punire con la gogna come veniva fatto con i falsari ai tempi delle scarpe con le fibbie.
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Possiamo quindi dedurre i requisiti che il traduttore deve possedere per essere in grado di produrre una versione ideale di un capolavoro straniero. Prima di tutto deve avere lo stesso talento, o, quanto meno, lo stesso tipo di talento dell’autore che ha scelto. In questo, ma soltanto in questo, Baudelaire e Poe o Joukovsky e Shiller furono dei compagni di giochi ideali. In secondo luogo, deve conoscere a fondo le due nazioni e le due lingue e sapere perfettamente tutti i dettagli relativi allo stile e alle tecniche del suo autore; deve inoltre essere consapevole del contesto sociale delle parole, dei loro usi, della loro storia e di come vengono associate nel periodo. Quanto detto ci porta al terzo punto: oltre ad avere talento ed essere preparato, il traduttore deve possedere il dono del mimetismo ed essere in grado di recitare, per così dire, la parte dell’autore impersonando i suoi vizi stilistici e di linguaggio, i suoi modi e il suo pensiero, con il massimo grado di verosimiglianza.

 

– Dal saggio di Nabokov del 1941 «The Art of Translation».