Chi ha creato il disastro Euro?

Sono passati 15 anni dall’adozione dell’euro ma è tempo di elezioni e alcuni sedicenti esperti di economia del PD rispolverano la vecchia storia che Berlusconi fu il responsabile della perdita di ricchezza di noi italiani “perché non fece nulla per monitorare il passaggio dalla lira all’euro, permettendo ruberie e speculazioni”.
Ci furono abusi, vero, ma in senso generale il problema fu causato dal fatto che il nostro mercato conosce una scarsa concorrenza interna e resta succube di balzelli, di lacci e di condizionamenti normativi delle amministrazioni (verso cui i commercianti reagiscono con l’aumento sconsiderato dei prezzi). Che ci furono commercianti che fecero i furbi è chiaro, ma se fu un fenomeno diffuso perché ci furono poche denunce? Perché l’opposizione non fece sit-in e proteste in Parlamento, e non usarono i mezzi di informazione a loro disposizione? La risposta pare scontata: senza politiche di liberalizzazione, de-monopolizzazione, uscita dello Stato dalle pubbliche amministrazioni nella gestione dell’economia, ci si adagia su una politica di mantenimento dello status quo, cioè degli attuali assetti di potere economico, per questo nessuno protestava, salvo le massaie che facevano la spesa. Gli stessi commercianti, esaurite le scorte, dovevano acquistare a prezzi in euro, dunque maggiorati. Ma il vero e grosso limite dell’euro, resta la sua impossibilità di fare aggiustamenti sui cambi, che sarebbero assai vantaggiosi per un’industria frammentata come quella italiana.

L’Italia entrò nell’Euro in condizioni di estrema debolezza, anche per via dei continui cambi di governo e di ministri dell’economia. Non ci si deve dunque stupire se i nostri partner europei ne approfittano, pensando ai propri interessi prima che ai nostri.
Ecco una lista dei nostri governanti del periodo. Governo Andreotti VI e VII dal 22 luglio 1989 al 24 aprile 1992. Governo Amato I dal 28 giugno 1992 al 29 aprile 1993. Governo Ciampi dal 29 aprile 1993 al 13 gennaio 1994. Berlusconi I dal 11 maggio maggio 1994, al gennaio 1995. Governo Dini dal 17 gennaio 1995 al 18 maggio 1996. Governo Prodi I dal 17 maggio 1996 al 9 ottobre 1998. Governo D’Alema I e II dal 21 ottobre 1998 al 26 aprile 2000. Governo Amato II dal 25 aprile 2000 al11 giugno 2001. Governo Berlusconi II e III dal 10 giugno 2001 al 17 maggio 2006. Governo Prodi II dal 17 maggio 2006 all’8 maggio 2008. Governo Berlusconi IV dal 7 maggio 2008 al 16 novembre 2011. Monti, Letta, Renzi, Gentiloni.

L’euro fu introdotto il 1 gennaio 2002. Giulio Tremonti, che a quel tempo sedeva nella stanza dei bottoni come ministro dell’economia, scrisse un libro – che forse non ha ottenuto l’attenzione che meritava- intitolato “Bugie e Verità. La ragione dei popoli” pubblicato da Mondadori nel 2014.
Tremonti trovò l’euro belle e pronto, preparato dai suoi predecessori e ha dovuto gestirlo al meglio. Parla di parametri «stupidi» imposti da una banda di “bugiardi” e la sua insensata blindatura, che di fatto impedisce ripensamenti. E come la Grecia, anche l’Italia fu costretta a truccare il proprio bilancio per poterci entrare. Quella operazione, condotta da Prodi e Ciampi, fu venduta come un merito dell’illuminata classe dirigente tricolore, un mentire per il bene della Patria. Il 24 novembre 1996 Carlo Azeglio Ciampi – presente Mario Draghi, direttore generale del Ministero del Tesoro e Antonio Fazio per Banca d’Italia – volò a Bruxelles per l’Ecofin. Tedeschi e olandesi sostennero la linea che il cambio giusto andava posto a lire 925 per un marco tedesco. Ciampi strappò 990. Questa parità di 990, non modificabile, secondo il Trattato di Maastricht, sarà la base per il calcolo del cambio lira/euro di 1936,27 fu ufficializzata il 1° gennaio 1999. Gli industriali italiani chiedevano 1040-1080 e oggi sappiamo che avevano ragione, perché perdemmo subito in competitività a favore delle ditte tedesche.
In realtà, svela Tremonti, furono le industrie tedesche a premere sull’acceleratore: temevano la concorrenza della manifattura italiana, seconda in Europa e quinta nel mondo, resa più pericolosa dalle svalutazioni competitive della lira rispetto al marco. “Nel corso di una riunione, ad hoc, sul lago Lemano”, scrive Tremonti, “gli industriali teutonici convinsero i propri banchieri a favorire a ogni costo l’ingresso dell’Italia, “intrappolata e spiazzata dalla nuova moneta che si sarebbe dimostrata troppo forte per un’economia debole”. Ma i conti dello Stato non erano in ordine, l’eurotassa o la diversa contabilizzazione dei contributi Inps non bastavano, servivano “manovre di estetica contabile” più efficaci: così si fece ricorso ai “tuttora segretissimi derivati per l’Europa” in modo da contabilizzare subito le entrate e occultare le uscite.
“Delle particolari straordinarie operazioni finanziarie, e della connessa debolezza della posizione del governo italiano, gli altri governi europei erano perfettamente al corrente” rivela l’ex ministro, al punto da imporci un cambio lira/euro penalizzante. “L’Italia non aveva i numeri per entrare nell’euro fin da principio, ci è entrata alterando il proprio bilancio”. Un’accusa gravissima! Parla anche della famosa lettera mandata dalla Bce il 5 agosto 2011 svelando retroscena nuovi. Secondo Tremonti la lettera originerebbe dalla cocciutaggine con cui il governo italiano di Berlusconi s’opponeva al nuovo Fondo salva-stati, «contrario al nostro interesse nazionale». Le nostre banche possedevano il 5 per cento dei debiti dei Paesi a rischio (Portogallo, Irlanda, Grecia, Spagna) ma dovevano contribuire con il 18 per cento.
“Il colpo di manovella fu dato con, l’illuminata, costruzione di una falsa catastrofe e rimangiandosi i complimenti al governo Berlusconi di pochi giorni prima e, infatti, quella lettera scatenò la valanga finanziaria dello spread”.
L’arma della speculazione fu usata anche dopo il G20 di Cannes, il cui clima ostile all’Italia è già stato raccontato dall’ex premier spagnolo Zapatero e da Geitner. Dopo il vertice, ricorda Tremonti: “La principale piattaforma elettronica per la negoziazione dei titoli pubblici italiani Lch-Clearnet senza ragione e improvvisamente ha alzato i richiesti margini di garanzia sui titoli italiani. Una mossa tanto repentina da risultare sospetta”.

Una delle prime decisioni del governo Monti, non appena si fu insediato, fu di piegarsi ai voleri franco-tedeschi: «A partire dal 2015, e, per ironia, proprio per espressa volontà nostra, ci trovammo obbligati non solo a pagare il conto delle perdite bancarie degli altri, ma anche a rispettare il fiscal compact: con vent’anni di tagli di spesa pubblica più o meno per 50 miliardi di euro ogni anno».
Tra luci e ombre dell’azione economica dei governi di centrodestra, Tremonti solleva il velo sugli errori degli esecutivi di centrosinistra, soprattutto quelli del quinquennio 1996-2001 spesso sottaciuti: con delle «riforme devastanti» (soprattutto il decentramento sbilanciato, le forzature per l’ingresso nell’euro e la «costituzionalizzazione dell’Europa») « è da lì che hanno avuto origine e sviluppo le principali dinamiche negative che oggi stanno portando l’Italia allo sprofondo della sua crisi».