Una copia della Monna Lisa in esposizione a Firenze

La Isleworth Monna Lisa (ribattezzata la Giovane Monna Lisa) viene esposta a Firenze, per la prima volta in Europa, uscendo fuori dal caveau svizzero, in cui viene solitamente custodita. La mostra fiorentina andrà dal 10 giugno al 30 luglio 2019 ed è stata allestita nella sala delle Feste di Palazzo Bastogi.

Questo è indubbiamene un bel colpo per questa fondazione basata in Svizzera ‘The Mona Lisa Foundation’ che da più di un decennio la promuove in maniera assai aggressiva e senza risparmio di denaro.
Ricordo di aver trovato un ponderoso volume da loro stampato nell’ufficio del Console d’Italia a Hong Kong, nel 2015, mentre il quadro stava in mostra a Singapore, e stavano tentando di organizzarne una anche a Hong Kong, anche se poi non la fecero.

Un articolo sulla Nazione di Firenze dice: “Per il pool di esperti della fondazione non ci sono dubbi: questa opera, rimasta incompiuta, ritrae una giovane Lisa Gherardini seduta tra due colonne, e fu commissionata a Leonardo tra il 1503 e il 1506 – dunque circa dieci anni prima della Gioconda esposta al Louvre – su commissione di Francesco del Giocondo, consorte di Lisa.”

In realtà si è sempre detto che questo ordine, assai dubbio, dato dallo strozzino e mercante, Francesco del Giocondo, fu per la Gioconda, che oggi si trova al Louvre. Esiste un’ipotesi che sposterebbe il quadro del Louvre al 1511 (il soggetto sarebbe Pacifica Brandani, e tale notevole idea è di Carlo Pedretti e fu poi sviluppata da Roberto Zapperi) oppure risalirebbe al 1478 (il soggetto sarebbe Fioretta Gorini e questa è una mia ipotesi).

Ricordiamo per inciso che Leonardo, proprio in quegli anni, rifiutò di dipingere un ritratto di Isabella D’Este che lo perseguitava con lusinghe e minacce, e arrivò a scrivergli che poteva stabilire la cifra necessaria. Dunque, Leonardo avrebbe alzato il pennello per la moglie di un mercante e rifiutato le richieste d’una principessa?

Il dipinto fu scoperto nella casa di un aristocratico, nel 1913, dal collezionista Hugh Blaker, che lo acquistò per collocarlo nel suo studio a Isleworth, a sud-ovest di Londra .
Spedito poi negli Stati Uniti nel corso della Prima guerra mondiale , fu acquistato nel 1960 da un conoscitore d’arte americano,  Henry Pulitzer . Il consorzio lo acquistò nel 2003 dagli eredi di Elizabeth Meyer, vedova del Pulitzer.

È chiaro che la posta in gioco è altissima, sia sotto il profilo artistico che nell’ambito più prettamente economico. L’opera – che oggi, senza attribuzione certa, potrebbe valere tra i centomila e i 200mila euro – non solo entrerebbe nel catalogo leonardesco, ma raggiungerebbe un valore enorme.

“Nessuna prova scientifica è stata finora in grado di dimostrare definitivamente che questo non è un Leonardo Da Vinci”, ha affermato il socio fondatore dell’ente privato svizzero e storico dell’arte, Stanley Feldman. Dimentica però di dire che il difficile è dimostrare che si tratta di un Leonardo, e non che non è un Leonardo.

La mia impressione è che si tratti d’una copia, forse realizzata da uno dei discepoli di Leonardo, come il Melzi o Marco d’Oggiono. E i motivi son presto detti: il formato di questo quadro è troppo grande per la moglie di un mercante; il paesaggio è estremamente primitivo e mal eseguito e, soprattutto, è su tela, una cosa che mai Leonardo fece. Dipinse solo su legno di pioppo o di noce.

 

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