Cina, il più grande casinò del mondo

La scorsa settimana avevamo descritto quel gigantesco casino che e diventato Macao, dopo l’arrivo dei biscazzieri di Las Vegas, ma avevamo dimenticato di accennare alla piu grande bisca del mondo: la borsa titoli della Cina comunista.

Da una parte del tavolo verde stanno i leader politici, affiancati dai loro banchieri, e dall’altra milioni di risparmiatori, che puntano il proprio denaro su societa che valgono come l’aria fritta o, nel migliore dei casi, sono sopravvalutate per quaranta o sessanta volte rispetto al loro valore intrinseco.

La nostra parra una definizione paradossale, ma purtroppo tale e la realta dipinta da economisti di vaglio, quelli che non si fanno sviare da interessi personali. E questa e solo una delle tante metafore usate per descrivere lo spettacolo al quale assistiamo, di pazzia che prevale sul buonsenso, con una folla di gente comune che fa la fila per acquistare azioni di tipo A sulle “ruote” di Shenzhen e di Shanghai.

Nessuno puo prevedere quando vi sara un crollo: secondo alcuni analisti questo potrebbe essere imminente, mentre secondo altri arrivara solo fra piu di un anno. Cio che pare certo e che questo crollo portera alla miseria milioni di investitori.

Non mancano gli esempi storici che possano darci un’idea di quanto accadra. Un precedente, spesso evocato, e quello del fallimento della Societa dei mari del Sud, a Londra nel 1720 che viene ancora studiato sui libri di testo di economia. Oppure, una situazione simile, a noi piu prossima, e quella della caduta della borsa di Taiwan nel 1990. Nel giro di pochi, orribili, giorni essa precipito dell’80 per cento, a un livello dal quale, in termini relativi, non si e ancora risollevata, nonostante siano passati diciassette anni.

Le similitudini fra la situazione di Shanghai e quella di Taipei sono molte, piu di quante possano apparire a prima vista, anche se, per via della sua minore capitalizzazione, gli effetti di quel sisma sull’economia della regione furono inferiori. A quel tempo Taiwan possedeva una economia ancora chiusa, come quella della Cina popolare. La liquidita abbondava per via di un grosso surplus nella bilancia dei pagamenti che porto a una repentina rivalutazione della sua divisa. Il mercato immobiliare tocco livelli folli e chi incassava tutti quei quattrini facili, non sapendo che farne, li giuocava in borsa. A quel tempo pareva che gli anni delle vacche grasse non dovessero finire mai e molta gente lascio il proprio lavoro per speculare a tempo pieno. Anche questo fenomeno e oggi osservabile in Cina.

La borsa di Shanghai continua a salire, nonostante i molti segnali di allarme lanciati da personalita del mondo politico e commerciale, che non sono riusciti a scalfire la ferma convinzione di tutti i piccoli speculatori. Sanno che, pur di non vedere il loro potere messo in discussione da un crollo, i leader politici cinesi utilizzeranno le enormi riserve valutarie detenute dalla banca centrale per appianare la voragine. Intuiscono anche che il governo non osera prendere delle decisioni drastiche proprio ora, perché deve affrontare due importanti appuntamenti: degli importanti cambi al vertice del Paese previsti per il mese di ottobre e le Olimpiadi di Pechino, che si terranno nel mese di agosto dell’anno prossimo. La situazione resta comunque preoccupante, perché uno scoppio della bolla speculativa potrebbe avere effetti deleteri su tutte le altre economie mondiali, ma soprattutto su quelle asiatiche.

A Hong Kong il timore e forte, tanto che anche Li Kashing, il proprietario della Chung Kong e uno degli uomini piu ricchi del mondo, si e sentito in dovere di rendere pubblici i suoi timori, parlando di follia speculativa per quanto sta succedendo in Cina. Anche il governo cinese si rende conto dei rischi che corre, ma non ha il coraggio di prendere decisioni radicali, amputando l’arto cancrenoso, ma si limita a mettere cerotti qua e la. L’ultimo intervento risale a venerdi scorso, quando la banca centrale cinese ha annunciato l’ennesimo ritocco ai tassi di interesse, un aumento dei depositi fissi e un della banda di fluttuazione dello Yuan.

I tre colpi in uno battuti dall’Istituto di Pechino hanno avuto un effetto pressoché nullo sulle attivita speculative. Forse perché queste mosse paiono destinate piu a tener buoni gli americani (che il ministro cinese dell’economia Wu Yi incontra oggi a Washington) che ad avere un reale effetto decelerativo sugli ingranaggi dell’economia. Uno dei pochi fattori fuori del loro controllo, che potrebbe provocare una rovinosa caduta, potrebbe essere un significativo calo negli acquisti di beni da parte degli Stati Uniti. Ormai si e stabilito un asse sempre piu stretto fra questi due Paesi: uno produce e l’altro consuma e si attirano come il ferro con una calamita.

Angelo Paratico

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