Descrizione
Numero di pagine: 160
Il sentimento prevalente fra gli intellettuali contemporanei è che la condizione umana non sia mai stata migliore, un po’ come nel Candide di Voltaire. La storia vien vista come una lunga sequenza di tirannie e di oppressioni, dalle quali ci stiamo gradualmente, ma inesorabilmente, affrancando. Le prove, comunemente addotte, di questa marcia trionfale verso l’età dell’oro includono l’aumento dei consumi, il miglioramento della salute e dell’aspettativa di vita, lo sviluppo tecnologico e, soprattutto, il trionfo della “democrazia” e dei “diritti umani”.
Tuttavia, fra il XIX e il XX secolo, una serie di pensatori dissidenti espressero un grande scetticismo nei confronti della civiltà moderna. L’idea comune che emerge dai loro scritti è quella che lamenta la perdita delle società tradizionali, e il pessimismo sul nuovo mondo, che la modernità ci sta offrendo. Il modello corrente di modernità è stato giudicato da pensatori diversi, quali Nietzsche, G.K. Chesterton e Alain De Benoist, come una degenerazione culturale e spirituale, che sminuisce, piuttosto che elevare la sacralità dell’uomo.
Questo lavoro di Keith Preston, che brilla per chiarezza e linearità, esamina le idee di questi pensatori eretici, concentrandosi sulla potenziale rilevanza delle loro intuizioni per l’era postmoderna.
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