Il libro di Massimo Terni “Amici e Nemici” Recensito sul Corriere della Sera da Dino Messina

 

La nostra storia
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di Dino Messina
Massimo Terni, il romanzo dell’amicizia
27 APRILE 2024 | di Dino Messina

Che cos’è l’amicizia? Una domanda cui sarebbe difficile di dare una risposta universale se non ci appoggiassimo al pensiero dei grandi. Per il teorico dello Stato Jean Bodin è quel tipo di relazione che ci consente il passaggio dalla casa alla città, cioè dalle relazioni famigliari a quelle sociali e politiche, è il sentimento che ci fa diventare cittadini adulti. Louis Antoine de Saint Just la mise alla base della Rivoluzione e Alexis de Tocqueville alla base della democrazia. Per venire più vicino a noi la filosofa Hannah Arendt la chiamava l’arte dello stare assieme. L’amicizia è il momento in cui uno sceglie l’altro in nome di valori comuni e decide di percorrere un percorso assieme.

Prendo queste riflessioni dalla lezione che Massimo Terni, storico delle idee e docente tra l’altro nelle università di Milano e Torino, mette come primo capitolo del suo nuovo libro autobiografico, “Amici e nemici – a loro devo quello che sono”, pubblicato nelle edizioni Gingko con una bella copertina a firma di Marco Santambrogio, filosofo con il talento della pittura che in anni giovanili realizzò un ritratto dell’autore.

Dopo aver pubblicato una serie di saggi per editori come il Saggiatore, Laterza, Carocci, Boringhieri, che ruotano attorno alle teorie dello Stato, alla Rivoluzione Francese e, come accennato, a pensatori come Tocqueville, Massimo Terni nell’età più matura ha deciso di darsi alla narrativa, essendo quella dello scrittore e non del puro saggista , confessa, la vera vocazione della sua vita. Percorrendo con ardire la strada segnata da grandi maestri, quella dell’autobiografia, Terni ha realizzato con questo “Amici e nemici” una trilogia in cui fa i conti con i temi della sua vita, l’amore in “Passioni tristi”; il difficile Novecento delle ideologie, la relazione con il padre, avvocato, ebreo legato al fascismo, e la bellissima e forte madre cinese, Pao Wang, in “Cathay hotel”.

Trattandosi di autobiografia letteraria (ma non romanzata) temi e qualche nome ricorrono nei tre volumi, ma ciascuna opera percorre una traccia ben definita e mai ripetitiva, offrendo al lettore più di un motivo di interesse intellettuale e di turbamento. Sì di turbamento, perché la storia di Massimo Terni, con le cadute, gli entusiasmi, gli errori, gli ostacoli, le ingenuità, riguarda tutti noi boomers nati tra il 1946 e il 1964.

L’autore, nato a Shanghai nel 1945, è un italocinese con sangue ebraico, che nella Milano bene, ricca e a suo modo provinciale degli anni Cinquanta e Sessanta, ne facevano un oggetto di curiosità e interesse che stimolavano le innate doti seduttive.

Non va taciuto il debito dell’autore con la psicoanalisi, arte appresa sui libri ma soprattutto nella pratica, sicché le pagine a volte hanno una schiettezza e una crudezza rare da trovare.

Gli “amici e nemici” che animano il libro di Terni sono il compagno incontrato sui banchi di scuola (quello di Massimo si chiama Tullio Nicola), il primo amico dei giochi infantili, Paolo Longanesi, figlio del geniale Leo, lo scrittore ed editore di destra amico e sodale di Indro Montanelli. Compagni di strada di una breve stagione, abbandonati in età giovanile per amici “più importanti”, come il giovane filosofo Marco Mondadori, o Dado Ulrich, il brillante e irregolare capobranco dell’esclusivo gruppo dei “figli di” nella Milano del boom economico. Alcuni, come lo scomparso Marco Mondadori ,si sono rivelati gli “amici di una vita”, anche se le fedeltà nell’amicizia sono difficili da mantenere, talvolta gli amici diventano nemici, per via dei percorsi individuali, per la realtà della vita con cui tutti dobbiamo fare i conti e per la propensione al cambiamento che in Massimo Terni è stata molto forte. Una inquietudine, come molto chiaramente emerge dalle pagine, che deriva dall’assenza di un padre e dalla presenza di una madre forte e bellissima che non sempre ha saputo comunicare al figlio il suo amore profondo.

Le sollecitazioni di un ambiente dove era facile incontrare tycoon dell’industria e dell’editoria, scrittori e giornalisti italiani, star del jet set di passaggio a Milano, e l’instabilità di un quadro famigliare hanno presto proiettano l’autore in altri contesti. A Parigi, dove era andato per preparare la tesi di laurea alla Sorbona con il grande storico Albert Soboul, ma trascorse molto tempo (sottraendolo allo studio) in casa della pittrice artista surrealista Leonor Fini, dove erano assidui Stanislao Lepri ed Hector Bianciotti e capitavano personaggi come il filosofo Michel Wieviorka o il grande Salvador Dalì. Ci vorrebbero molte pagine per raccontare gli incontri di Terni, che hanno contribuito alla sua formazione umana e culturale, ma quel che mi preme qui dire è la capacità dell’autore di distinguere tra mondanità sociale e amicizia. Sicché alla fine della lettura il parcheggiatore camorrista Johnny che l’aveva preso sotto la sua protezione a Napoli o il sergente che l’aveva salvato dai gavettoni durante il servizio militare a Palermo, acquistano più rilievo e importanza nella formazione sentimentale di falsi amici dai nomi altisonanti.

Una delle capacità di Massimo Terni è di aprirci con coraggio il suo cuore e condurci in una sorta di montagne russe tra l’alto e il basso della vita. E non sempre il meglio si trova in cima. Così come nella parte più matura dell’esistenza sappiamo che le grandi amicizie, come i grandi amori, appartengono alla gioventù. Molti amici appartengono al passato (e alcuni li abbiamo persi per strada). Ma è anche grazie a loro che siamo diventati noi stessi.

Dino Messina

 

Massimo Terni, il romanzo dell’amicizia