Il nostro Stand: 6F30
RECENSIONE DI AMBROGIO BIANCHI Angelo Paratico, storico e romanziere, nei prossimi giorni presenterà il suo ultimo libro, pubblicato dalla Gingko Edizioni e intitolato “Mussolini in Giappone”. Si tratta di un romanzo breve, contenente una notevole quantità di riferimenti storici. Viene così esposta, per la prima volta la possibilità, secondo noi non del tutto peregrina, che l’uomo ucciso a Giulino di Mezzegra, il 28 aprile 1945, non fu Benito Mussolini, ma un sosia.
Questo spiegherebbe l’incoerenza di certi suoi comportamenti, nei suoi ultimi giorni e tutti i misteri che ancora circondano le circostanze della sua fine. Pare inspiegabile la sua scarsa lucidità nel prendere decisioni dopo Como, e il fatto che il suo viso apparve sfigurato già all’arrivo a Piazzale Loreto. E non si capisce perché venne fucilato di nascosto e non portato sul lungolago di Dongo, distante solo pochi chilometri e lì giustiziato, in bella vista, assieme agli altri gerarchi e a uno sfortunato autostoppista.
A Milano, il 25 aprile 1945, Mussolini ebbe varie opportunità per mettersi in salvo, ma non volle coglierle. Prima fra tutte quella di chiudersi nel Castello Sforzesco e attendere l’arrivo degli Alleati. I partigiani non disponevano di armi pesanti e non sarebbero mai riusciti a espugnarlo. Un’altra via di fuga, caldeggiata da Vittorio Mussolini, fu una corsa sino all’aeroporto di Ghedi, per salire su di un SM79 che lo avrebbe portato in Spagna. La Svizzera, contrariamente a ciò che si crede, non fu mai un’opzione, Mussolini sapeva che non lo avrebbero mai lasciato passare.
Sul tavolo stava anche un’altra via di fuga, assai più complessa e per la quale la segretezza più assoluta era una condizione indispensabile. Questa prevedeva l’utilizzo di un sommergibile. Tale piano era stato approntato da Enzo Grossi (1908 -1960), un abilissimo e pluridecorato sommergibilista, che in Francia era stato a capo della base di Betasom. A tali preparativi accennò lo stesso comandante Grossi nelle sue memorie, ormai introvabili, intitolate “Dal Barbarigo a Dongo”. Grossi fu un coraggioso uomo di mare che morì giovane, consumato dall’amarezza per essere stato ingiustamente accusato di aver imbrogliato le carte in cambio di due medaglie d’oro, una d’argento e due croci di guerra tedesche. Lo accusarono di aver mentito sull’affondamento di due corazzate americane, con il sommergibile Barbarigo da lui comandato, il 20 maggio 1942, al largo delle coste brasiliane.
Una commissione di ammiragli, dopo la guerra, discusse il suo caso, accusandolo di frode ma dimenticando di tenere conto dei diversi fusi orari. Come dimostrò Antonino Trizzino nel suo libro “Navi e poltrone” uscito nel 1952, Grossi affondò due grandi navi nemiche, ma non erano quelle che lui pensava. Viste dal periscopio d’un sommergibile, nel mezzo di una rischiosa azione e con il mare mosso, tutte le navi sono difficili da identificare.
Un decreto del Presidente della Repubblica lo privò delle sue decorazioni. Lui protestò con veemenza e, nell’ottobre del 1954, a causa di una sua lettera indirizzata al Presidente, fu condannato a 5 mesi e 10 giorni di reclusione per ‘vilipendio del capo dello Stato’. Grossi aveva militato nella RSI, pur non avendo mai accettato la tessera del partito fascista ed era sposato con una donna ebrea, che non smise di praticare la propria religione. Riuscì a stento a sottrarla alle SS, che la rilasciarono, permettendole di tornare a casa dai loro bambini.
Nel capitolo XI del suo libro, intitolato “Un sommergibile per Mussolini”, Grossi racconta che Tullio Tamburini gli rivelò di essersi accordato con gli alleati giapponesi per approntare un grosso sommergibile, al fine di metterlo in salvo, e nei suoi piani sarebbe stato proprio lui a comandarlo, portandolo nel Pacifico. Tamburini accennò a Mussolini di quel piano, ma gli rispose che non ne voleva sapere. Questo fu confermato da Mussolini stesso quando incontrò Grossi, nel febbraio 1945 e lo ringraziò per i suoi sforzi. Poi aggiunse: “Non sono interessato a vivere come un uomo qualunque. Vedo che la mia stella è al tramonto e che la mia missione è conclusa…”.
L’esistenza di questi piani fu confermata anche dal vicesegretario del Partito fascista repubblicano ed ex federale di Verona, Antonio Bonino, nelle sue memorie, intitolate “Mussolini mi ha detto” uscito in Argentina nel 1950.
Questo è quanto se ne sa ma, secondo Paratico, il meccanismo continuò a muoversi, indipendentemente dalla volontà degli ideatori e fu adattato, affidando il comando del sommergibile oceanico Luigi Torelli a un tedesco. Dunque, Mussolini, nel primo pomeriggio del 25 aprile 1945, sarebbe stato prelevato da un’auto guidata da un diplomatico giapponese che lo portò a Trieste, dove s’imbarcò sul sommergibile Torelli, che lo attendeva nel porto, dopo che era stato fatto rientrare dal Giappone, dove si trovava e dove effettivamente ritornò. Tale sommergibile fu affondato dagli americani nel settembre 1945, davanti alla baia di Kobe. dove ancora si trova.
Mettendo da parte la storia alternativa e passando al romanzo, dobbiamo dire che questo libro si legge bene e me ne ha ricordato un altro, avente un tema e uno sviluppo simile, che lessi alcuni anni fa. L’autore fu il grande scrittore e sinologo belga, Simon Leys (Pierre Ryckmans), ed era intitolato: “La morte di Napoleone”. Il Leys immaginava la sostituzione con un sosia al Napoleone confinato a Sant’Elena e un suo ritorno, in incognito, in Francia. Dopo varie peripezie, Napoleone è costretto a una vita da “uomo qualunque” dividendo il letto con una ortolana parigina. E, intanto, fra i cavoli e gli ortaggi, lavorava segretamente per compiere le sue vendette, ma infine s’ammalò e morì. Tutti coloro che hanno studiano l’epopea napoleonica restano colpiti da questa bizzarra fantasia del Leys, che ha il merito di aggiunge una nuova sfaccettatura, un nuovo punto di meditazione, su questa figura storica.
Il Mussolini che l’autore descrive è segnato dal lutto e dai sensi di colpa, ha frequenti crisi di pianto. Ripensando alla sua giovinezza da anarchico e squattrinato socialista, pensa che avrebbe dovuto salire sulle montagne come partigiano e poi lottare contro al tedesco invasore, invece di assecondarlo. La sua sofferenza e i suoi rimpianti vengono solo parzialmente leniti fra le mura di un antico tempio buddista, a Nikko.
L’idea dell’autore è assai originale e mai prima esplorata. E con questo scarno libro mostra di possedere una profonda conoscenza non solo di quell’uomo, ma anche dell’uomo.
Ambrogio Bianchi
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Oppure nelle migliori librerie.
Nelle librerie Mondadori e Feltrinelli i nostri libri vengono boicottati. Anche se una di quelle piazza un ordine per i libri Gingko, tale libro poi non viene ordinato dai loro uffici centrali che raccolgono tutti gli ordini provenienti dalle loro librerie sparse in Italia. Questo non è complottismo ma un tangibile fatto con il quale dobbiamo convivere. Qualche giorno fa ne abbiamo ricevuto la riprova con la Mondadori di Crema che non ha ordinato, dopo sei mesi, il libro di Ermanno Bencivenga intitolato “La Grande Paura” pur sollecitati dallo stesso autore, celebre filosofo e che abita a Crema.
Fra i tanti libri che abbiamo pubblicato ve n’è uno scritto dallo storico veronese Maurizio Brunelli, dedicato alla passione, condivisa da Cangrande Della Scala e Dante Alighieri, per gli astri. Era uscito ben due anni fa e speravamo che con l’anniversario dantesco avrebbe goduto di una certa popolarità, perlomeno a Verona. In realtà lo si trova solo nelle librerie indipendenti, come quella di via Mameli e al Minotauro ma non nelle maggiori, collegate a catene nazionali.
Il motivo da loro addotto è che i loro uffici acquisti centrali, basati a Milano, verso cui dirigono tutte le loro prenotazioni, semplicemente non se li procurano dal nostro agente nazionale, la CDA di Bologna. Queste pastoie burocratiche sono apparentemente invalicabili e dopo l’ennesima discussione con la Mondadori di Verona, in Corso Sant’Anastasia, 7, a due passi da di Piazza delle Erbe, ho deciso di rassegnarmi al mio fato e di accettare che pure in questa libreria, che si trova a duecento metri dal palazzo dove Cangrande nacque e poi visse, i veronesi non possano ottenerne una copia.
Avevo deciso di fare un ultimo tentativo pochi giorni fa. Ma l’antipatica e scortese responsabile della Mondadori di Piazza delle Erbe, alla quale avevo offerto gratuitamente 3 copie del libro di Brunelli (me le avrebbe pagate solo in caso di vendita) mi ha bruscamente avvertito che aveva poco tempo da dedicarmi e che non era la giornata giusta. Dopodiché mi ha ripetuto il solito mantra che già mi aveva recitato l’anno scorso, circa non ben chiariti ostacoli che le impediscono di accettarli. Le ho obiettato che se l’uomo è arrivato alla luna, non è possibile non riuscire a mettere un libro in una libreria. Alla terza ripetizione della sua storia dell’impedimento burocratico invalicabile mi sono spazientito e me ne sono andato dicendole che non avrei più comprato alcun libro da loro.
Poi si lamentano che Amazon gli fa concorrenza sleale, ma il motivo lo si capisce. Questo libro, per esempio, può essere ordinato su Amazon che lo stampa in Polonia e poi te lo invia a casa per corriere, spesso senza addebitare le spese dell’invio e, nel giro di una settimana, uno se lo trova nella cassetta della posta.
Ecco, alla fine saranno la burocrazia e l’ottusità che provocheranno la chiusura di queste catene di librerie, non Amazon!
La libreria Catullo di Verona (oggi Libraccio) in via Roma, era conosciuta in tutta Italia per i bei libri che vi si vendevano e soprattutto per la “Marisona”, un vero calcolatore elettronico vivente.
Esiste una larga parte del nostro corpo, comune ai due sessi, della quale si parla spesso con discrezione misto a imbarazzo, oppure la si usa come invettiva, o termine di paragone, attribuendogli sia significati positivi che negativi. Stiamo parlando del lato B, del sedere…del culo. Questo nome fa la sua comparsa anche nella Divina Commedia della quale tutti parlano quest’anno, ma che pochi hanno letto.
Prima del libro di Samuel Ghelli “Questioni di Culo. Guida Ragionata all’uso di un vecchio tabù nel linguaggio figurato” pubblicato da Gingko di Verona, non esisteva nulla di sistematico nell’uso e abuso di questa parola. Si tratta di una silloge di modi di dire che nella lingua italiana si costruiscono attorno a questa parola. Il numero di espressioni nella lingua corrente è davvero imponente, stiamo parlando infatti di un libro di 253 pagine, diviso in capitoli tematici e ricco di un indici dei nomi e di una bibliografia. Ogni espressione è corredata di varianti regionali e vien discussa la derivazione, infatti l’autore, Samuel Ghelli, è un giovane docente di lingua e letteratura italiana presso alla City University di New York. Egli, dunque, viene da un paese in cui l’espressione “ass” culo è già stata sdoganata, ma il “range” dell’uso americano è assai misero. Non hanno la fantasia che possediamo noi italiani.
Diamo qui un estratto del solo Capitolo 18, sui 35 totali, dedicato ad “Allegria, felicità, euforia, stravaganza”.
“Aver visto il culo a Caterina”
SIGN: mostrare insolita euforia; passare da uno stato di apatia ad improvvisa allegria. La locuzione vuole specialmente sottolineare quello stato di inconsueto godimento e inaspettata beatitudine che talvolta si legge nel volto e nei gesti di chi conosciamo invece come carattere cupo e affatto incline a manifestazioni di giubilo (“Hai visto Giovanni oggi? Irriconoscibile, tutto un sorriso. Pare abbia visto il culo a Caterina”). L’espressione è assolutamente d’origine fiorentina. Infatti la ragazza chiamata in causa non è una Caterina qualunque, ma la “duchessina” nata a Firenze da Lorenzo II dei Medici (“il Magnifico Merda” come lo chiamavano i fiorentini per rimarcare la differenza con l’illustre predecessore) che andata in sposa a Enrico d’ Orléans fu poi regina di Francia. All’origine del modo di dire che la ritrae con il culo in bella mostra pare esserci una bizzarra usanza in voga a quei tempi fra personaggi di certo lignaggio: trascorrere la prima notte di nozze alla presenza di qualche autorevole testimone. All’incontro amoroso dei giovani sposi si narra abbia infatti assistito un nutrito numero di cortigiani ed un posto d’onore sia stato addirittura riservato al papa Clemente VII che, per ragioni di stato, voleva assicurarsi che di fatto il matrimonio venisse consumato. I due ragazzi sapevano cosa fare e lo hanno fatto a dovere, consapevoli di offrire un gran bello spettacolo con piena soddisfazione dei guardoni di turno ai quali non poteva che tornare almeno il buonumore.
“Essere fuori come un culo”
SIGN: essere stravaganti; mostrarsi particolarmente su di giri. L’espressione indica una persona dal comportamento piuttosto balzano e può essere impiegata tanto per definire un’effervescenza di spirito che fa parte del bagaglio genetico di un individuo (“Simpatica, ma… è fuori come un culo”), quanto per alludere ad una euforia legata all’uso di droghe e alcol (“L’ho visto ieri sera ed era fuori come un culo”). Oggi è facile reperirla un po’ ovunque in rete e, seppure non trovi menzione nei dizionari ufficiali, è perfino indicata ad uso e consumo degli stranieri che studiano la nostra lingua nell’audace volumetto Hide this Italian book, pubblicato per la prima volta dalla Berlitz nel 2005. La locuzione, che fa parte esclusivamente del gergo giovanile, è costruita sul modello di formule simili e precedenti quali “essere fuori come una campana”, “….come un balcone”, “…come un cartello” a cui aggiunge solo un pizzico di volgarità. Anche nella circostanza ci troviamo così di fronte ad una semplice e semplicistica rielaborazione di modi di dire preesistenti da parte di certi ragazzi ancora in età scolare che nella parola culo, nonostante il libertinaggio di costumi e di ben altro linguaggio a cui sono avvezzi (non di tutti, per carità!), dimostrano di trovare ancora una fonte preziosa di trasgressione. E la cosa un po’ sorprende.
“La camicia non gli tocca il culo”
SIGN: essere così euforici da perdere il controllo. Il detto ha davvero origini lontane e gloriose. Merita pertanto di essere ricordato anche se forse ultimamente è un po’ caduto in disuso. Lo registrano già Boccaccio (Giorn. IV, Nov. 2) e il Sacchetti (Nov. 123), e a partire dalla terza edizione lo accoglie persino il Vocabolario della Crusca fra le sue espressioni da consegnare alla storia. Ma da dove nasce l’associazione fra il proverbiale indissolubile binomio culo-camicia e l’idea del ridicolo? La cronaca del tempo e la memoria di antichi costumi ci aiutano a comprendere chiaramente la logica che sottintende all’accostamento indicato e quindi a svelare il significato figurato dell’espressione. Bisogna ricordare infatti che almeno fino a tutto il Cinquecento era uso comune portare abbondanti camicioni a diretto contatto con le nudità del sedere e che di conseguenza poteva accadere che movimenti scomposti del corpo finissero per scoprire proprio ciò che l’indumento avrebbe invece dovuto celare. A stare alla testimonianza dei celebri autori sopra nominati, un’esuberante, incontrollata e quindi biasimevole allegria era all’origine di questa imbarazzante esperienza in cui a nudo erano messe le rotondità delle natiche e alla berlina il loro titolare. In fondo esiste un altro detto in italiano, forse meno autorevole (il Lippi non è il Boccaccio) ma sicuramente più esplicito per i nostri orecchi, a conferma dell’associazione fra un eccesso di giubilo e un disordine nell’assetto: “non stare più nei propri panni dalla gioia” (Malmantile).
“Pisciare dal culo”
SIGN: farsela addosso dalle risate
La locuzione è linguisticamente interessante e in parte sorprendente. A prima vista sembrerebbe infatti riprodurre nel significato le espressioni scatologiche che qualificano un improvviso spavento, identificando naturalmente con la piscia non altro che la merda liquefatta. Eppure, come ci dice David Jaccod che si è occupato del linguaggio delle chat, l’espressione non è costruita per analogia su formule simili che associano il culo e la cacca alla paura, ma su tutt’altro modo di dire che chiama in causa direttamente l’urina in quanto tale per alludere al buon umore e alla risata, vale a dire “pisciarsi addosso dal ridere”. In questo modo, secondo Jaccod, gli autori della rete dimostrano di non accontentarsi delle frasi fatte ma, di fronte a espressioni consunte di cui si è oramai smarrito l’originale valore interdetto (nessuno infatti si scompone più a dire o sentir dire “farsela sotto dalle risate”), compiono uno sforzo attivo per ottenere qualcosa di nuovo che possa ancora colpire e divertire. Il culo in questo caso è quindi messo in gioco per dare nuova forma ad un significato preesistente. Che poi lo si sorprenda anche specializzato nella minzione a dire il vero non stupisce molto visto che lo sappiamo multifunzionale e capace di ben più difficili ed articolate mansioni.
“Ridere il culo”
SIGN: godere delle disgrazie altrui
Necessario innanzi tutto chiarire la costruzione: il culo è qui soggetto posposto al verbo, quindi è lui direttamente, non altri, a sghignazzare delle sventure del prossimo. Siamo di fronte all’ennesima personificazione del nostro posteriore che si fa protagonista della scena riducendo il suo portatore, colui al quale il culo ride (“Mi ride il culo che Giovanni non possa andare in vacanza”), a semplice appendice. C’è di più! In questo caso il nostro sedere dimostra non semplicemente di essere corpo, ma anche di avere un’anima. Il riso infatti non è provocato da una sensazione fisica, ma da un’emozione pura. La spontanea e improvvisa allegria che contrae i muscoli in una smorfia di piacere e fa emettere suoni vivaci e soddisfatti è frutto di un godimento tutto platonico che penetra lo spirito e non la carne. Che poi il culo si bei dell’infelicità altrui è cosa poco nobile ed anche piuttosto grezza, ma anche questo rientra nella sua fenomenale natura.
“Toccare il culo con un dito”
SIGN: essere al massimo della felicità
La presente locuzione è suggerita la prima volta da Alberto Arbasino in Fratelli d’Italia (1963) dove una banda di compagnoni si diverte ad elencare una serie di frasi contenenti la parola “cielo” immaginando mentalmente di sostituirla con culo. Il gioco sarebbe forse finito lì se lo scrittore non ci avesse preso gusto, riproponendo qualche anno più tardi in Super Eliogabalo (1969) più o meno lo stesso divertissement, ma in maniera più scoperta: “Bella la vita in tempi interessanti!… Quando grande è la confusione sotto il culo… Il culo stellato sopra di te!… Culo e mar… Culi bigi… Culi a pecorelle… Apriti cui!… La manna dal cui!… A noi si schiude il cu?… Ma per l’amor del culo!… Son cose che non stanno né in culo né in terra… Anche se vi pare toccare il culo con un dito!” Qui si chiude la lista, in un crescendo che dalla bassa cagnara innalza il culo fino a renderlo oggetto sommo del desiderio umano, come il cielo appunto, con tutte le sue intangibili bellezze che sanno regalarci impareggiabili felicità.
Il lodevole intento dell’autore, che ha compiuto una encomiabile ricerca, durata anni, è certamente di tipo accademico, ma proprio per questo motivo è difficile non piegarsi in due dalle risa, a causa di certe definizioni, che ci riportano ai bei tempi delle nostre scuole medie, quando venivamo colti dalla ferale e infettiva ridarella, che faceva imbestialire i nostri cari professori.
Angelo Paratico
L’Anonimo Nero che lo pubblicò nel lontano 1976 aveva del coraggio da vendere, come pure l’anonima casa editrice. Questo libro ormai introvabile non ha il numero di ISBN ma solo l’indirizzo della tipografia. E’ un libello più che un libro.
Tutti i celebri personaggi che vengono passati in rassegna, devoti e fidati fascisti durante il ventennio, erano ancora in posizioni apicali di potere nel 1976 e dunque ben in grado di reagire con violenza al disvelamento dei propri trascorsi.
Giulio Andreotti, Michelangelo Antonioni, Domenico Bartoli, Arrigo Benedetti, Rosario Bentivegna, Carlo Bernari, Libero Bigiaretti, Giacinto Bosco, Paolo Bufalini, Felice Chilanti, Danilo De’ Cocci, Galvano Della Volpe, Antigono Donati, Amintore Fanfani, Mario Ferrari Aggradi, Massimo Franciosa, Fidia Gambetti, Alfonso Gatto, Giovanni Battista Gianquinto, Vittorio Gorresio, Luigi Gui, Renato Guttuso, Ugo Indrio, Pietro Ingrao, Davide Lajolo, Carlo Lizzani, Carlo Mazzarella, Milena Milani, Alberto Mondadori, Elsa Morante, Aldo Moro, Pietro Nenni, Ruggero Orlando, Ferruccio Parri, Pier Paolo Pasolini, Mariano Pintus, Luigi Preti, Giorgio Prosperi, Ludovico Quaroni Tullia Romagnoli Carettoni, Edilio Rusconi, Eugenio Scalfari, Giovanni Spadolini, Gaetano Stammati, Paolo Sylos Labini, Paolo Emilio Taviani, Arturo Tofanelli, Palmiro Togliatti, Marcello Venturoli, Benigno Zaccagnini, Cesare Zavattini erano tutti riusciti a passare indenni attraverso la guerra, che loro stessi avevano provocato (ciascuno per la sua parte) evocato e applaudito, ma poi si erano riciclati a sinistra e al centro, dando spesso contro ai vecchi camerati e negando di esserlo mai stati.
Il loro problema fu che scrissero su giornali e riviste usando il proprio nome, per questo motivo la loro militanza fascista resta innegabile. Uno solo di questi personaggi è ancora vivo, Eugenio Scalfari. Tutti gli altri staranno cercando di imbrogliare San Pietro, ma non lo vediamo un compito facile o agevole.
In fondo tutti quanti avrebbero dovuto essere esclusi da cariche pubbliche nella Repubblica Italiana, in quanto profittatori del regime, ma le cose sono andate altrimenti, come ben sappiamo. E proprio per questo peccato originale stiamo ancora scontandone il prezzo
Il linguaggio usato dall’Anonimo Nero è sottilissimo e raffinato, usa il fioretto e non la spada, mette in contraddizione le loro stesse parole, rendendoli ridicoli. Per via del suo stile all’inglese crediamo che l’Anonimo Nero sia stato Nino Tripodi (1911-1988), nobile intellettuale, parlamentare e presidente del MSI. Abbiamo aggiunto alcune notte e fatto microscopiche correzioni, aggiungendo anche delle note sul fascistissimi Cesare Pavese, Giaime Pintor e all’ex presidente del Tribunale della Razza, poi diventato ministro e assistente di Togliatti, Gaetano Azzariti.
Questo è il link per acquistarlo su Amazon (prima che venga censurato)
Amazon.it: Il Paese dei Voltagabbana – Anonimo, Anonimo – Libri
Una seconda edizione di questo libro, volto a provare che tutti i cosidetti padri nobili (e quelli meno nobili) del Socialismo soffrivano di turbe mentali, è stata stampata.
La nuova edizione è uscita su carta delle cartiere Fedrigoni di Verona, più leggera rispetto alla prima edizione, riducendo notevolmente il peso del libro. Sono state aggiunte delle alette, per rendere più stabile la copertina. Il prezzo rimane invariato, a 16 euro, che è molto buono per un libro di 375 pagine.
Questo libro, scritto da un cittadino americano vicino al partito Repubblicano mostra, con dati e studi alla mano, in che direzione la nostre società si stanno evolvendo. Un futuro da schiavi decerebrati attende i nostri figli?
Le spire del Neoliberismo stanno soffocando la crescita e lo sviluppo delle nostre società. Stiamo annegando in un mare di melassa velenosa. L’autore di questo libro ha preferito l’anonimato per non essere fatto bersaglio di feroci critiche e di accuse. Non è un caso che questo libro sia stato proibito su Amazon, nella sua versione originaria in inglese.
La versione italiana è ancora disponibile, per ora, su Amazon e l’uscita in libreria è attesa per il mese di febbraio del 2021.
Amazon.it: Demone, Non Dio: Il Liberalismo e la distruzione dell’Occidente – Radius, Luca – Libri
It was published by Bompiani, in 1980. Umberto Eco was already famous in Italy, not as a novelist but as a linguist, an ancient book collector, and a clever satirist. I believe that the publisher did not expect much from this first novel when he gave them the draft. Perhaps even Eco did not expect much, perhaps he just wanted to write a treatise on “how to write a successful light novel?”. Then he thought why not write one? It was a good idea: It sold millions of copies all over the world, but afterward Eco was unable to replicate the same formula. Later, he came up with some very long, convoluted, and boring novels. Perhaps it was because he was trying to elevate the general level of the story, thus making it more for intellectuals than for the Voghera’s Housewife, to use Alberto Arbasino great characterization.
To commemorate the 40 years anniversary a group of bibliophiles, with Simone Berni at their head, has come up with the eccentric idea to reprint this book, putting all the words in alphabetical order, chapter by chapter.
Who will read such a book? No one, no one with a sane mind will read the 172.425 composing the book. But the publishers are planning to print only 40 copies for bibliophiles, who, as we all know, are insane people, I am one of them.
This form of a book is called “aventeformadilibro” that is “havingformofabook”.
The bernesque idea of Berni is to create a rarity and make fun of commemorations, just like the futurists were doing before the last war. Filippo Tommaso Marinetti would approve it, Eco? Ehm…I am not sure.
Esce “Della il nome rosa” di Eco Umberto: un’edizione alfabetica!
This book was written by Girolamo Cardano (1501-1577?). The original in Latin was first published in Basel as Neronis Encomium in 1562 by the printer Henric Petri. The first English edition was issued in 2012 as Nero. An Exemplary Life in Hong Kong by Inkstone Books, in a limited edition of 200 copies. The translation from Latin to English is due to Angelo Paratico.
A new trade edition was published in 2019 by Gingko Edizioni of Verona, Italy, and it is available in Amazon in format kindle and POD (Print on Demand). Here is the link:
It is the same book, with a few necessary amendments, and provided with a jollier title and cover, as Girolamo Cardano Emperor Nero: Son of Promise, Child of Hope.
This book has been quoted by Joshua Levine on the Smithsonian Magazine for his deep and extensive review of the book written by British historian John F. Drinkwater Nero. Emperor and Court Cambridge University Press, 2019.
https://www.smithsonianmag.com/history/new-nicer-nero-history-roman-emperor-180975776/